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 1 - "Sanremo mio, tu vuo' fa l'americano?"

18/02/2019

 

©Simona Bellone

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ARTI   AUDIOVISIVE   2019

 1 - "Sanremo mio, tu vuo' fa l'americano?"

18/02/2019

 

    Il verdetto del celeberrimo festival sanremese è da sempre una incognita che non può accontentare tutti, ma l’edizione del 2019, la ricorderemo soprattutto per un fulcro di contraddizioni, polemiche ed insoddisfazione generale per tanti motivi. 

   Se da una parte son apparsi fuori luogo i saluti ai mafiosi Casamonica e l'invocazione di Satana sul palco, se pur in chiave ironica, è da far notare che molto spesso la televisione varca i confini del buon senso ed etica morale, senza alcun freno inibitorio, sulla scia che con la satira tutto si può dire e fare.

    Considerando che manifestazioni simili vengono viste in tutto il mondo ed anche da minorenni e bambini, un limite di decenza verbale sarebbe opportuno riportandoci ad una TV di Stato per la quale paghiamo il canone obbligatorio in bolletta luce, più vicino all'esemplarità agli esordi.

   Ribadendo che come artisti sia Virginia Raffaele che Claudio Bisio ci hanno conquistato di più con la loro carriera rispettivamente d'imitazione e attoriale, piuttosto che in veste di presentatori, Claudio Baglioni ha mantenuto intatto il suo aplomb spiritoso, forbito e di classe. La caricatura che li ha riprodotti come Morticia, Zio Fester e Lurch della "Famiglia Addams", forse ha pronosticato che questa edizione è stata tra le più bizzarre in tutti i sensi.

   Ormai il Festival di Sanremo è diventato da anni uno show, che annovera spettacoli ed ospiti per attirare l'attenzione, lasciando poco spazio alle canzoni in gara, se pur replicate in 5 serate di fila, per farcele comprendere bene, ma ottenendo l'effetto contrario di sfinimento, se le canzoni selezionate in gara non sono tutte esemplari artistici da ricordare, come quest'anno in particolare.

   Gradito  è stato l'omaggio per il celeberrimo "Quartetto Cetra", nonché gli ospiti illustri di cantanti e cantautori che si sono susseguiti nelle serate musicali, del calibro di Andrea e Matteo Bocelli, Riccardo Cocciante con Gio Di Tonno, Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Antonello Venditti, Raf e Umberto Tozzi, Ornella Vanoni, Ligabue, Eros Ramazzotti, il portoricano Luis Fonsi, Elisa (Alessandra Amoroso che ha esordito in talent show, e Fabio Rovazzi con canzoni trash non ci sono sembrati big con con lunghe carriere premiate). Queste belle voci con altrettanti canzoni indimenticabili degli ospiti, ci hanno fatto notare ancor di più che il paragone con la maggior parte delle canzoni in gara quest'anno era improponibile.

     Quello che più ha indispettito il pubblico, oltre alla presenza di troppe canzoni di genere rap e trap adatte ad un pubblico giovanile, e poco rappresentative del "bel canto italiano" nel mondo, in replica ai talent show invadenti degli anni precedenti, è stata la presenza di troppi artisti in gara dell'entourage dell'organizzatore e presentatore, cantautore Claudio Baglioni al suo secondo mandato Rai (Ferdinando Salzano della F&P Group).

 

   Giungendo ai premi conferiti a “Argentovivo” di Daniele Silvestri, quali “Lucio Dalla” e “Sergio Bardotti”, non hanno tenuto certo conto che il genere rap ha sottovalutato il messaggio profondo di questo brano, che meritava di essere cantato con vera musica creata ad hoc, e non solo recitato a ritmo ripetitivo modereccio rap.  

   Anche la scelta della giuria d'onore ha scandalizzato tutto il mondo della musica, perché non è stato incluso nessun poeta e paroliere di professione e nessun musicista e nessun arrangiatore di stima e carriera, ma solo presentatori, attori, soubrette, giornalista, regista e chef. Ha ragione Dario Salvatori a ribadire a Domenica in che questa giuria, incompetente in materia, non era in grado di accorgersi anche delle tante stonature che ci siamo dovuti sorbire soprattutto in questo Festival, aggiungo io “bizzarro” in tutti i sensi.

   La giuria di esperti veri, non solo di ascoltatori di musica come tutto il pubblico, ci dovrebbe essere sempre a Sanremo, per arginare il televoto che esercitato come diritto soprattutto dai giovani per i cantanti più popolari, non è indice imparziale di buona qualità delle canzoni, ma sintomo di mode moderne. Il voto della sala stampa dovrebbe avere minore peso invece, e relegarsi al premio della critica “Mia Martini”, che dovrebbe essere sempre consegnato in primo piano sul palco del Festival come tutti gli altri riconoscimenti di qualità: a seguire in ordine alfabetico per il testo “Sergio Bardotti” per l'arrangiamento “Giancarlo Bigazzi” per la sala stampa radio “Lucio Dalla” per l'interpretazione “Sergio Endrigo”. 

   Il Premio duetti conferito Motta e Nada con “Dov’è l’Italia” conferito da questa giuria d’onore discutibile che ha votato in modo compatto, è apparso come un riconoscimento per la famosa Nada, non certo impeccabile di imparzialità per questo duetto in particolare: scatta il confronto con l'indimenticabile "Viva L'Italia" che ha un testo di messaggio similare ma più completo e storico di Francesco De Gregori. Difficile eleggere il duetto migliore quando le canzoni in gara non sono eccellenti, e la scelta propende verso la canzone che personalmente ci è piaciuta di più fin dal primo ascolto, indipendentemente dall'ospite interpellato.

   È da sottolineare che l'ammissione in gara della canzone “Soldi” enigmatica ed apoetica con sonorità arabe e con frase intera in arabo, dall'autore stesso definita di stile "Marocco pop", ha violato il regolamento del Festival di Sanremo, e risultando vincitrice non ci rappresenta come italiani al futuro Eurofestival a Telaviv, in Israele

   Il fatto che stia totalizzando numerosi streaming in un digitalstore, strumento usato dai giovani soprattutto, non è indice di bellezza e valore della canzone, perché anche canzoni ritmiche ripetitive simili, quali “Il pulcino pio”, sono state un tormentone ingiustificato ma di moda strampalata "tanto per far caciara in discoteca" con un refrain orecchiabile.

   Molto simpatica una ironia nel web sul testo di “Soldi” che tutto ha al di fuori della poesia, per il quale dopo averlo letto il celeberrimo paroliere Mogol sia ricoverato in rianimazione. 

   Se l’autore non avesse spiegato che riguardava il padre egiziano che ha tradito la madre sarda comportandosi male, (genitori del cantante), il testo appare a tutti di trattare di immigrazione perché quei “Soldi” sono in genere chiesti dagli scafisti per viaggiare in imbarcazioni di fortuna, ai poveri migranti che scappano da guerre nei loro paesi natii, o solo in cerca di un riscatto economico altrove in “isola felice” soprattutto in Italia (che tutti ha accolto da decenni senza controlli opportuni). (Il voto per questa canzone è comprensibile che sia stato in gran parte politico per questo motivo, in sostegno di Claudio Baglioni che ha espresso parere contrario a Salvini della Lega in merito al blocco accoglienza ad oltranza senza freni, poco prima di iniziare le cinque serate Festivaliere.) 

   È da rimarcare il fatto che le visualizzazioni in internet in un video YouTube e in un streaming Spotify, possono essere falsate perché comprate da agenzie sovvenzionate dalle case discografiche che hanno interesse a far emergere ogni proprio pupillo, o farlo risaltare in costante pubblicità in primo piano ovunque, e fallo risuonare costantemente nelle radio pilotate da esse stesse. Tutelarci da queste truffe mediatiche è quasi impossibile, come accadde in passato anche per le votazioni dei concorsi canori con televoto, risultanti guarda caso “bloccate” solo per alcuni partecipanti, e gonfiate per gli artisti con la casa discografica più potente. 

   Suggerirei di ricreare manifestazioni pop quali i celeberrimi “Festivalbar”, “Un disco per l’estate” e “Saint Vincent”, per poter dare sfogo alle partecipazioni rap trap e di varie tendenze di moda, che a Sanremo escludono la partecipazione dei cantautori melodici e rock che hanno più carriera e consensi dal pubblico di ogni generazione nonché stima internazionale.

   Altra canzone che meritava l'esclusione da parte non solo dalla commissione giudicatrice ma anche da parte della Rai, tv di Stato, è quella di Achille Lauro, "Rolls Royce", il quale da ex pusher (spacciatore di droga che arrogante si permette anche di trattare male i suoi fans ai concerti), da lui confessato pubblicamente, non poteva non conoscere che una pasticca detta "ecstasy" riporta "RR" come la nota marca automobilistica, nonché la statuina sulla macchina è nota con il nome “spirit of ecstasy”. 

   In un articolo di Optima magazine è opportuna la riflessione di Red Ronnie, che sottolinea l’ambiguità di tale artista che si arrampica sugli specchi per difendere l’indifendibile, ma è secondo tutti anche ambigua la Rai ad esporre campagne anti droga e poi invece accettare in prima visione mondiale una canzone del genere di dubbia etica morale e cattivo esempio per i giovani, continuando ad invitare tale sedicente artista e suo produttore che appare anch'esso sfacciato perché "fatto". 

   Come asserito dal bravo e schietto Don Mazzi, anche la frase "Voglio una vita così, voglio una fine così" era da censura, perché riferita alle star vip citate che sono morte prematuramente ed hanno abusato di sostanze stupefacenti, alcool e pasticche, non è un bel messaggio da trasmettere ai giovani, quando la stessa emittente televisiva sovvenziona campagne pubblicitarie contro la droga. 

  Il verdetto finale è stato alquanto contraddittorio e fischiato da tutto il pubblico presente e pagante con il televoto, perché la sala stampa con la giuria d'onore hanno ribaltato il risultato portando al primo posto una canzone votata solo al 14%, per giunta principalmente per non far vincere soprattutto Il Volo che il mondo ci invidia.

   Il Codacons si è  espresso contrariato in merito presentando un esposto all’Antitrust, e vedremo se in seguito il verdetto venga ribaltato: inammissibile che il pubblico paghi ogni volta per esprimere un singolo voto, e che un giornalista solo abbia troppo potere di votare rispetto al pubblico, e lo usi anche per protesta contro il governo attuale, e pro pensiero del presentatore Baglioni, classificando erroneamente la canzone di Mahmood quale canzone di emigrante, data l’intervista rilasciata da un giurato.

   E non è finita qui la serie di disappunti, perché è saltata fuori la prova video che alcuni giornalisti della sala stampa, hanno denigrato il trio de "Il Volo" con titoli disdicevoli e denigratori, facendone seguire, dopo le proteste unanimi del web, delle scuse alquanto minimizzanti l'accaduto mascherandosi dietro una citazione di frase comica cabarettista, e sotto l'ala dell'esclusiva di riprese della Rai, che da garante tutto deve tutelare anche le offese da celare.

   Il fatto è deplorevole e meritava un intervento di ammonizione dell’Ordine dei giornalisti, e come ha dichiarato il bravo e mite Marino Bartoletti, sono stati fatti, di alcuni dei suoi colleghi, senza regola deontologica e di civiltà, dal quale si dissocia e conclude “a me hanno insegnato un mestiere diverso”.

   La mancata vittoria di Ultimo, comunque vincitore del premio Tim Music, ci ha indispettito tutti, come anche l'esclusione dal podio di Loredana Bertè che è ritornata alla grande in competizione sanremese, ma che non ha ricevuto neanche un premio secondario: più che giusti e motivati i risentimenti di entrambi in merito.

   E' mancata anche la meritocrazia per un premio per le voci più belle, sia per Arisa che per Anna Tatangelo, in questo famoso concorso musicale, che ha perso l’alto tono di professionalità canora: sono emerse fra tanti cantanti che hanno stonato in visione mondiale, e sarebbe opportuno officiare un premio intitolato "Nilla Pizzi" per la voce più impeccabile.

   In mezzo a tutto questo clamore di contestazioni, è svanita l’attenzione verso la canzone “Nonno Hollywood” di Enrico Nigiotti che ha la potenzialità di accogliere l’eredità cantautorale di Antonello Venditti, anche se nel brano di alta poesia una frase scurrile ha cavalcato un po’ le mode rap e trap che tentano di stupire con ogni mezzo per attirare il pubblico.

   Finisco con la ramanzina, sottolineando che il tributo a Mia Martini con la brava attrice Serena Rossi che ha impersonato magistralmente Mimì nel film "Io sono Mia", è stato imparziale perché non le hanno dato modo di fare un bel tributo in monologo, per questioni di tempo, ma pubblicato solo in secondo piano per intero nel web in intervista.

  Anche per Pino Daniele, il tributo con premio consegnato alla figlia, ci è sembrato sgarbato perché di questo grande artista non è stata cantata alcuna sua canzone, ed entrambi questi tributi sono andati in onda attorno a mezzanotte, quando il pubblico ormai era stanco di una maratona musicale estenuante.

   Una grave mancanza degli organizzatori è stata anche quella di non ricordare sul palco che a 30 anni di distanza della vittoria di “Perdere l’amore” cantata da Massimo Ranieri, è venuto a mancare l’autore del testo Giampiero Artigiani il 4 febbraio scorso. 

   Elogiando la carriera di Claudio Baglioni, si può trarre la conclusione che il suo primo Sanremo è stato quasi impeccabile da record, mentre quest'ultimo ci abbia lasciato l'amaro in bocca su tutti i fronti.

   Chi avrei preferito io? Naturalmente da poetessa, la poesia di Simone Cristicchi "Abbi cura di me" che comunque ha ricevuto il premio Sergio Endrigo (miglior interpretazione) e premio Giancarlo Bigazzi (miglior musica). 

   Ma cosa ne pensa l'estero del nostro Festival? Non bene direi, perché da una recente intervista radiofonica, viene sottolineato che ha perso importanza internazionale negli anni, perché gli italiani hanno fatto come cantava Renato Carosone "Tu vuo' fa l'americano", perdendo la caratteristica risonanza melodica canora “italiana” che aveva riscosso successo all'estero sin dagli esordi del 1951 sino a qualche decennio fa. (Pedro Carcuro di Radio Agricultura Chile 14/2/19 intervista a Franco Simone). 

   Una volta guardando il Festival di Sanremo ci potevamo innamorare delle canzoni e personalità ad esempio di Mino Reitano o Massimo Ranieri, ma oggi, quale riferimento dovremmo prendere? Spero che abbondino in futuro sanremese buoni esempi poetici melodici come Simone Cristicchi e non certo come un tizio stonato di dubbi messaggi morali come Achille Lauro, anche "addobbato" di cattivo gusto. 

 

Simona Bellone - 18/02/2019

 

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