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 2 - "Siamo ancora tutti Festivalieri

per 70 volte musicali" 

 14/02/2020

©Simona Bellone

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ARTI   AUDIOVISIVE   2020

 2 - "Siamo ancora tutti Festivalieri per 70 volte musicali" 

 14/02/2020

 

     Puntuali ogni anno milioni di italiani non perdono occasione per assistere all’evento musicale e mediatico italiano, più seguito dal pubblico amante della musica, non solo nella nostra cara penisola, ma anche al di fuori dei nostri confini territoriali fin dalla prima celeberrima edizione del 1951. 

 

     Se son cambiate le scenografie sempre più scintillanti e colorate, dagli esordi invece più tradizionali arredati da semplici fiori multicolore, lo spirito della competizione è sempre lo stesso, e se un tempo era promulgato dai giornali radio e tv, ora è sempre più proiettato al mondo dei social media che ne amplificano la risonanza. 

 

     Quest’anno 2020, correva l’edizione numero 70 affidata alla lungimiranza del simpatico Amadeus, il quale abbiamo scoperto anche ottimo organizzatore e mediatore, nonché presentatore amichevole e simpatico (molto probabilmente verrà richiamato per un bis nel 2021).

 

    Si è avvalso per l’occasione di un eclettico Fiorello che ha saputo condire l’insalata multietnica sanremese, con un peperoncino piccante ed un profumo fantasioso di conferma al buonumore assicurato. 

 

     Non poteva mancare una quota rosa alla conduzione, scelta fra colleghe presentatrici in vari settori e non solo, perché abbiano padronanza del palco dell’Ariston, sia con la loro bellezza che con la loro professionalità, le conduttrici italiane Antonella Clerici, Mara Venier e Diletta Leotta e l’albanese Alketa Vejsiu, le giornaliste italiane Emma D’Aquino e Laura Chimenti, e Italo-israeliana Rula Jebreal, la cantante e show girl Sabrina Salerno, le modelle Argentina Georgina Rodriguez e italiana Francesca Sofia Novello. 

    Hanno spiccato i discorsi per profondità l’uno e frivolezza il secondo, dedicato all’imperante violenza contro le donne pronunciato dalla Jebreal, e alla bellezza femminile non del tutto naturale della Leotta, rubando però spazio alla competizione canora che si è protratta alle ore cosiddette “piccole” per tutte e cinque le serate.

 

    È stato certamente il Festival più seguito con una media alta di audience per tutte le puntate, che non si otteneva da decenni. I risultati di share sono stati favoriti certamente dall’enorme lunghezza delle serate, pardon nottate, con forse troppi ospiti cantanti e cantautori italiani se pur di rispetto quali: Tiziano Ferro, Emma Marrone, Al Bano e Romina Power (con un inedito di Cristiano Magliolo fuori gara), I Ricchi e Poveri (in quartetto originale degli esordi), Gianna Nannini, Massimo Ranieri, Gigi D’Alessio, Biagio Antonacci, Zucchero, Vittorio Grigolo, gli artisti stranieri quali Mika, Dua Lipa, Ghali, Lewis Capaldi, i Gente de Zona (Alexander Delgado e Randy Malcom), gli attori quali Roberto Benigni, e gli attori del cast dei film “La mia banda suona il pop” di Fausto Brizzi e “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino

 

     Una femminile apparizione canora d’onore l’hanno eseguita le protagoniste di “Una nessuna centomila” contro la violenza sulle donne, con le cantautrici Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Giorgia, Elisa, Emma Marrone ed Alessandra Amoroso, in propaganda per il concerto del 19/9/2020 al RCF Arena campovolo di Reggio Emilia

 

     Gli ospiti canori che maggiormente hanno lasciato un segno indelebile, sono stati il cantautore Antonio Maggio e la modella Gessica Notaro, con “La faccia e il cuore”, brano suggestivo che pone un baluardo di rispetto contro la violenza sulle donne, ed avrebbe potuto vincere se fosse stata in gara festivaliera. 

 

     Un applauso di ammirazione per il coraggio e la forza d’animo per le esibizioni di Paolo Palumbo malato di sla e con Christian Pintus con la canzone “Io sono Paolo”, nonché Ivan Cottini malato di sclerosi multipla che ha ballato con Bianca Maria Berardi: ci ha fatto commuovere e riflettere. 

 

     Il risultato finale delle votazioni delle canzoni, comprensivo di giuria demoscopica (300 votanti scelti fra fascia di varie età di fruitori di musica), Sala stampa tv radio e web (giornalisti accreditati) e votazioni del pubblico (via telefono), ha finalmente attribuito il primo premio ad una canzone a ritmicità classica melodica d’amore, evento ormai a cui ci eravamo abituati solo al suo ricordo,(relegando il rap ad una piccola scia di concorrenti). 

 

     Il perfetto Diodato con l’inno alla riconciliazione e al dialogo d’amore dal titolo “Fai rumore” si è aggiudicato tre premi meritatamente: 1° posto al Festival di Sanremo, critica “Mia Martini” e Sala stampa “Lucio Dalla”.

   Lo scanzonato Francesco Gabbani con una canzone sentimentale a musicalità e rime d’impatto radiofonico dal titolo “Viceversa” ha conquistato il secondo posto e il premio “Tim Music” per il maggior ascolto sulle piattaforme multimediali. 

I “Pinguini Tattici Nucleari” con una spiritosa ritmica da discomusic dal nome britannico popolare beatleriano “Ringo Starr” sono arrivati al terzo posto.

     Tosca, affermando la propria indiscussa professionalità, con una delle più belle canzoni denominata “Ho amato tutto” ha ricevuto il premio “Giancarlo Bigazzi” per la musica, e nella serata delle cover con “Piazza grande” di Lucio Dalla con la spagnola Silva Perez Cruz, arrangiata in fado portoghese, è risultata 1ª nella classifica dei 24 concorrenti. 

     Il premio per il miglior testo intitolato a “Sergio Bardotti” lo ha vinto una canzone rap di Rancore, “Eden”, la quale se fosse stata con una melodia tradizionale italiana, avrebbe conquistato un posto più alto in classifica. 

 

     Forse fanno anche un po’ di rumore alcune assenze artistiche ed anomalie che questa edizione ha trascurato: se Fausto Leali è stato premiato per i suoi 50 anni di carriera il 2 febbraio scorso, stranamente “dietro le quinte” comparendo sul palco solo per la cover con Michele Zarrillo, Wilma De Angelis in un primo tempo fu invitata ma poi hanno declinato tale iniziativa inspiegabilmente, Tony Dallara, il quale insieme a Wilma avrebbero rappresentato gli esordi del settantenne Festival di Sanremo, non è stato altresì invitato, idem per Peppino Di Capri per i suoi 60 anni di carriera, nonché anche Don Backy, il quale su suggerimento del cantautore Franco Simone, avrebbe meritato di  celebrare i suoi 80 anni all’Ariston a pieni polmoni internazionali (“Musicalnews” di Giancarlo Passarella 7/1/2020).

 

     Le nuove proposte non sono state di minor tono, quale meritatamente al 1° Premio al figlio e nipote d’arte Leo Gassmann con “Vai bene così”, Premio “Mia Martini” al gruppo musicalmente più originale e dal nome bizzarro “Eugenio in via di gioia” con il brano “Tsunami”,  Premio Sala stampa  “Lucio Dalla” alla sedicenne Tecla con “8 marzo” dal tema importante dal sapore melodico tradizionale.

     È meritevole di nota la canzone ispirata ad un fatto vero di bullismo giovanile “Billy Blu” di Marco Sentieri (scritta da Giampiero Artegiani (1955-2019) autore del successo “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri datato 1988). 

 

     Se ci fosse stato un premio per la verve lo avrebbero vinto Rita Pavone per “Niente (resilienza 74)” una cronaca in musica del suo temperamento e della sua avventura artistica, e Piero Pelù segno che i tempi son cambiati più libertini per apparire in tuta rock in pelle nera a dorso nudo e tatuato per interpretare una coinvolgente  “Gigante” dedicata al piccola nipote.

     Meritevoli di menzione d’onore con grande impatto emotivo hanno conquistato il pubblico anche “Le Vibrazioni” con il loro “Dov’è”, un entusiasmante jazzista di alto spessore Raphael Gualazzi che ha sorpreso con la sua “Carioca” dai ritmi messicaneggianti, un profondo Paolo Jannacci, egregio figlio d’arte, che con “Voglio parlarti adesso” ha tracciato con il cuore un costruttivo dialogo d’amore paterno con la propria figlia.

     Di tutto rispetto, se pur a carattere intimista, hanno offerto in un piatto d’argento un clichet cantautoriale d’annata sia Michele Zarrillo che Marco Masini, rispettivamente con “Nell’estasi o nel fango” e “Il confronto”. 

     Un fuori classe quale il tenore Alberto Urso con la poetica “Il sole ad est” ha dato ampio lustro al palco teatrale festivaliero, forse risultando anche troppo un passo avanti rispetto al livello di preparazione canora degli altri concorrenti, (pur essendo ancora agli inizi di una carriera promettente, è al pari dei suoi colleghi internazionali de “Il volo”). 

     Si sono fatti ammirare più per le voci e le interpretazioni, piuttosto che per le proprie canzoni, anche i cantanti Enrico Nigiotti, Elodie, Levante e Giordana Angi.

 

     La serata delle cover oltre alla vincente superlativa “Piazza grande” di Tosca e Silva Perez Cruz, sono riuscite meritevoli di nota quelle di Michele Zarrillo con Fausto Leali “Deborah” successo di F.Leali, Raphael Gualazzi con Simona Molinari “E se domani” di Mina, Enrico Nigiotti con Simone Cristicchi “Ti regalerò una rosa” di S. Cristicchi, Giordana Angi con Solis String Quartet “La nevicata del '56” di Mia Martini, Irene Grandi con Bobo Rondelli “La musica è finita” di Ornella Vanoni, Piero Pelù “Cuore matto” di Little Tony. Per le altre cover alternativamente non sono risultati i duetti vincenti, o le canzoni famose sono state stravolte con arrangiamenti fuori luogo, o cantare versi fuori sincrono fra gli artisti, ed anche stonature: forse alcuni avevano bisogno di prove ulteriori, o proprio le canzoni che hanno lasciato il segno nel panorama musicale italiano erano troppo distanti dal loro repertorio moderno.  

 

     Di grande impatto emotivo sono stati gli omaggi a Domenico Modugno con “Volare” versione di Tiziano Ferro che si è cimentato anche con “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini e in duetto con Massimo Ranieri per “Perdere l’amore”, nonché a Fabrizio De Andrè con “Amore che vieni amore che vai” interpretata teneramente da Mika

 

     Per giungere alle dolenti note finali, non hanno lasciato alcun segno, anche se di beniamini rap e trap fra i giovani, le canzoni di Junior Cally e Achille Lauro, rimando ancorati ad una classifica generale che non li ha premiati. 

     Junior Cally, nonostante esposti e denunce, per non farlo esibire sul palco dell’Ariston, si ottiene solo di farlo cantare senza maschera, dato che la modella sfregiata Gessica Notaro ha contrapposto la sua maschera per coprire una ferita inferta dall’ex fidanzato lasciato, a quella del cantante che la usa per propagandare un video canzone sulla violenza alle donne. 

     Cally, è un Artista che più di tutti si è esposto in modo negativo in passato con testi e video provocatori e suscettibili di emulazione per la violenza contro le donne  (“Optimagazine” 13-19-20-27-29/1/2020 3/2/2020). In seguito il cantante dovrà vedersela in tribunale, per varie denunce, sommariamente in rete internet si trova: un esposto alla procura della Repubblica del Tribunale di Milano dell’onorevole Gianni Tonelli 6/2/2020; Lo sportello contro le violenze di genere Anna Maria Marino, presieduto anche dal magistrato Jaqueline Magi, ha depositato attraverso l’avvocato Cristina Barontini, una querela presso la questura di Pistoia; Fabio Cenerini capogruppo di Forza Italia a La Spezia deposita denuncia ai carabinieri; Gisella Valenza, presidente dell’associazione “Italia delle donne”, ex sindacalista Cisl, ha querelato Amadeus, conduttore del Festival di Sanremo 2020, e il rapper Junior Cally ai carabinieri di Torino, Le Vallette).

     Riuscirà ad emergere come cantante dopo questo muro creato contro di lui? Forse, se eliminerà da internet i video che istigano alla violenza e ritirerà dal mercato  multimediale le canzoni incriminate, ma sarà un’utopia?

 

     C’è anche quindi il caso Achille Lauro (già contestato l’anno scorso a Sanremo per una canzone che inneggiava all’uso delle droghe, con allusione lapalissiana all’ecstasi, e vip deceduti per droga, altre per il suo passato di ex pusher (spacciatore di droga) ed altre dichiarazioni con vilipendio ai carabinieri nel 2018, nonché anche minacciò e prese a botte un fan nel 2016), quest’anno invece con una musica simile all’anno scorso e voce immatura e testo debole, ma con uno sfoggio di abiti storici targati “Gucci”. 

     Lo show di moda non attinente al tema sbarazzino della canzone e discriminatorio nei confronti degli altri artisti in gara, non è riuscito però nell’intento di acchiappa allodole di votanti, e soprattutto punibile di blasfemia per aver emulato fuori luogo “la spogliazione di San Francesco”, nonché tacciato anche di plagio mal riuscito di David Bowie, (come fece in passato per tentare di emulare Renato Zero). 

     Forse era meritevole del premio “drag queen” dati sia i travestimenti di ambo i sessi che il bacio maschile e volgare con il chitarrista, volendo interpretare solo come un manichino la figura femminile, ma senza dar sfoggio di erudizione in ambito canoro, teatrale e danzante. (Da notare la carriera di linea di condotta civica diversa  dal padre, il quale è docente universitario di Diritto del Lavoro e magistrato della Corte di Cassazione (figura rispettabile che tutela il percorso artistico del figlio ad ogni costo se pur a distanza?). (“Donnemagazine” 12/2/2020). 

     Si allineerà  al cantautorato italiano più impegnato senza mascherarsi più come un equilibrista? Col tempo Renato Zero lo fece, ma qui parliamo di voce personalità e creatività uniche, tra le più eclatanti ed indelebili del panorama italiano.  

 

     Altra apparizione sanremese non per doti musicali, lo ha fatto per la sua fisicità e le visualizzazioni dei suoi video in internet, anche Elettra Lamborghini, (cognome di lustro), quale altra artista “non big”, che ha dimostrato, (con altri rapper ed artisti da discomusic qui non citati), che avrebbe dovuto lasciare il posto ad artisti del calibro di Marcella e Gianni Bella, Nomadi, Grazia Di Michele,  Mariella Nava, ... e tanti altri veri professionisti cantautori/trici, che da anni non vengono ammessi alla kermesse sanremese, pur meritandolo a pieni voti. 

 

     Di questi cantanti, anzi definirei “performer mediatici”, si spera che col tempo maturino, e che prendano lezioni di canto, recitazione, danza e cambino soprattutto stile musicale per lasciar traccia ai posteri, perché come ribadisce Mogol “La musica di un tempo era immortale. Quella di oggi è per giovani e si brucia presto” (Huffingtonpost 8/2/2020). 

 

     Lasceranno traccia indelebile certamente non per la canzone (di Bugo), ma per l’eccentrica performance irriverente del duo Morgan Bugo, perché il primo (sofferente di bipolarità o ancora succube di dipendenze varie anche per la perdita prematura del padre “Vieni da meRai1 11/2/2020): ha suscitato malumore fra i musicisti per ritardi e con la stesura di 9 partiture diverse (illeggibili per il maestro d’orchestra Simone Bertolotti, forse perché non adatte all’esibizione sanremese, a detta del maestro violista Alessandro Quarta (“Barone Rosso” di Red Ronnie tv 12/2/2020) per l’arrangiamento della cover “Canzone per te” di Sergio Endrigo. Fu infatti una esibizione fuori sincrono anche per mancanza di prove degli artisti, e per la divisione dei versi da interpretare non concordata da entrambi. La penultima serata quindi, è stata macchiata da un pessimo sfoggio di malcontento di Morgan con il suo collega Bugo, denigrandolo in pubblico in mondovisione, usando la musica in malo modo per modificarne il testo con una denuncia estemporanea, che doveva invece relegarsi e concludersi dietro le quinte. É stato un atto ragionato da una parte (redigere e cantare un altro testo) e d’impeto dall’altra (andarsene dal palco), punito in diretta mondiale con l’esclusione dalla gara annunciata da Amadeus: anche perché di conseguenza Bugo ha abbandonato il palco giustamente offeso, ma decretando anche l’imminente applicazione di sanzioni per danno erariale e danni morali agli artisti non ammessi fra i 24 prescelti alla gara, alla loro etichetta discografica come da ricorso del Codacons alla Corte dei Conti (“Secolo XIX” 8/2/2020). 

     In conclusione il carattere di Morgan suggerisce che il cantante Marco Castoldi (ex solista dei “Bluvertugo” già insofferente nel 1995 con “Iodio”), perfezionista, polemico e litigioso, che alcuni ritengono genio (parola per la quale forse si è montato la testa), sia più adatto ad una trasmissione senza borderaux predefinito e con tempi tecnici più flessibili, non di certo ad una manifestazione schematica come il Festival di Sanremo. Fu escluso già nel 2010 per avere dichiarato in un’intervista al mensile Max, di usare cocaina come antidepressivo. Assurdo che solo 9 anni dopo, nel 2019, la Rai ammetta e difenda la canzone “Rolls Royce” di Achille Lauro, che allude al simbolo della droga ecstasy, anche perché il testo inneggia alla vita spericolata di successo citando vip morti in circostanze discutibili per uso ed abuso di droghe.  

     Certamente ha bisogno di cure e supporto psicologico e disintossicazione, come suggerisce il suo ex manager Valerio Soave, (attualmente manager di Bugo), dato che le dichiarazioni stesse di Morgan risultano infondate e frutto delle proprie elucubrazioni mentali scaturite da manie di persecuzione.  

     C’è chi accenna ad una messa in scena per creare clamore ed audience, scaturita quando le classifiche li calcolavano nelle ultime posizioni, ma è smentita dagli addetti ai lavori presenti in loco, anche perché se da un lato Morgan è istrionico, Bugo è più riservato e non sarebbe stato in grado di reggere la scena teatrale, che sarebbe stata più logica con una dichiarazione pubblica immediata di chiarimento e scuse al pubblico in sala. 

 

     Non c’è edizione del Festival di Sanremo che non abbia avuto una contestazione per un motivo o per l’altro, “l’importante è che se ne parli ovunque”, e se questa verrà ricordata per una grande audience, porterà con sé anche il clamore dell’amplificazione di tutto uno show d’arredo, che non ha nulla a che fare con la pura gara canora, quale era agli esordi un lustro italiano pregevole d’esportazione.

 

Simona Bellone 14/2/2020 

 

©Simona Bellone simona.bellone@gmail.com @SimonaBellone

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